Esperienza personale
Esperienza personale
Io sono Anila, circa un anno fa mi sono laureata in giurisprudenza. Ho sempre sognato di essere un’avvocata e non solo per una mia propensione personale ma anche per le spiacevoli situazioni che la vita mi ha posto dinanzi. Il mio percorso è nato innanzitutto come una sfida con mio padre che non è mai stato particolarmente convinto che ce l’avrei fatta. Devo riconoscergli che mi ha sempre lasciata libera di fare le mie scelte, ma credo lo abbia fatto soltanto per il gusto di vedermi sbagliare, anche se, per mia fortuna, sinora non gli ho mai dato questa soddisfazione. Con lui non ho mai avuto un buon rapporto, sin da quando ero piccola picchiava mia mamma e se oggi ho terminato brillantemente la mia carriera universitaria lo devo anche e soprattutto a lei che non ha mai dubitato delle mie capacità, ma, al contrario, mi ha sempre incoraggiata ad avere fame di libertà ed indipendenza così che nessun uomo potesse mai ritenermi una sua proprietà. Mia mamma purtroppo non ha mai avuto l’opportunità di studiare, si è sposata all’età di vent’anni sperando di sfuggire alla povertà della famiglia, ma ha comprato il benessere economico a caro prezzo, barattandolo con il benessere psico-fisico. Sono cresciuta vedendola sopportare le più brutte umiliazioni e imponendomi che un giorno, quando avrei avuto un lavoro mio, l’avrei portata via con me. Ora mi sento così vicina a questo grande traguardo, se concludo bene il praticantato presso l’importante studio legale per cui sto lavorando ci sono buone probabilità che venga assunta a tempo determinato. Il mio capo sembra essere molto entusiasta del mio lavoro, anche se a volte ricevo delle attenzioni da parte sua che trovo inopportune, così come trovo inopportuno il fatto che ai colleghi vengono affidati incarichi più complessi rispetto a quelli assegnati a me e alle mie colleghe, inoltre è poco piacevole vedere che i clienti storcono il naso alla nostra presenza, diffidano a priori del nostro lavoro, ma questo è normale per qualunque donna albanese si cimenti con professioni complesse. Nonostante tutto sogno di diventare un avvocato matrimonialista e per quanto la strada possa essere più tortuosa per me, continuerò a perseverare perché non voglio più vedere il volto di mia madre tumefatto e i suoi occhi pieni di paura. Non voglio più che sia normale per una donna pensare di essere la proprietà di qualcun’altro.
Situazione generale
In Albania, secondo quanto previsto dalla Costituzione, le donne godrebbero dello stesso status legale degli uomini, inoltre la Costituzione si prepone di proteggere i cittadini dalle forme di discriminazione legale basate sul genere.
Questa storia è potente, e i dati che seguono dimostrano che non è affatto sola…
Gender gap nelle posizioni manageriali/ discriminazione legali sui diritti sul lavoro
Tuttavia le donne albanesi affrontano problemi significativi in campo lavorativo; infatti, si assiste ad una scoraggiante segregazione occupazionale. Sebbene secondo i dati INSTAT soltanto il 18,2% degli uomini in Albania possiede una laurea contro il 21,6% delle donne, queste sono sottorappresentate nelle posizioni di leadership e nelle professioni di alta responsabilità come quelle in campo giuridico o medico. Gli stipendi inoltre sono più bassi per le donne che guadagnano all’incirca il 10.7 % in meno dei propri colleghi e talvolta capita che vengano loro richiesti favori sessuali dal proprio datore di lavoro.
Percezione che il marito sia giustificato nel picchiare la moglie/discriminazione sociale sul divorzio
Preoccupante è anche la il problema della violenza contro le donne, infatti i dati di uno studio Ocse tenutosi nel 2020 dimostra che su un campione di 1858 donne intervistate, di età compresa tra i 18 e i 74 anni, il 22% ha subito violenza fisica o sessuale, il 53% ha subito qualche forma di violenza domestica che fosse essa psicologica, sessuale, verbale o economica, invece il 34% ha subito molestie sessuali, tuttavia soltanto il 3% delle donne ha denunciato e sono rari i casi di divorzio, ciò sarebbe dovuto alla paura di essere stigmatizzate socialmente a causa della mentalità ancora predominante che vede l’uomo come il capofamiglia de facto ed in generale superiore rispetto alla donna, il cui dovere è fondamentalmente quello di obbedire anche se non è d’accordo. Non a caso, ancora oggi soprattutto nelle zone rurali la maggior parte delle donne ritiene che questo modo di pensare sia corretto. Allo stigma sociale si aggiunge anche il timore per le conseguenze economiche, infatti molte donne sono disoccupate, provengono da contesti disagiati o percepiscono un salario molto basso che non permetterebbe loro di affrontare economicamente l’iter giudiziario che il divorzio prevede né tantomeno permetterebbe loro di vivere in autonomia o di avere una pensione sufficiente durante la vecchiaia. Non bisogna poi sottovalutare le istituzioni, molte delle donne spesso non hanno fiducia in queste ultime che spesso non sono adeguatamente equipaggiate per gestire le violenze riportate e tendono ad adottare un approccio disorganizzato nonché spaesante per la vittima.
Sensazione di insicurezza alla sera
Le autorità sono poco attente anche a situazioni che possono causare disagio e possono evolversi negativamente. Le stesse autorità, infatti, condividendo spesso una mentalità che oggettifica la donna, restano indifferenti di fronte a donne che subiscono stalking o molestie mentre camminano per strada. Rispondere alle provocazioni inoltre non è contemplato per una donna o una ragazza, che verrebbe subitamente insultata ed etichettata come un poco di buono.